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Giuseppe Curonici
Art critic
Legami
2003

Sandra Schaffner von Rubenwil e Kina Maùa espongono opere recenti nelle sale del bibliocento di Biasca. Si tratta di due esposizioni indipendenti l’una dall’altra, tuttavia avvicinate per una loro affinità nell’impostazione dell’immagine. La quale in entrambe le autrici si manifesta prevalentemente astratta, con riferimenti episodici o indiretti alla realtà, l’adozione di un linguaggio ai limiti tra geometria e informalità, una sottile vivezza cromatica, una carica simbolica ed emotiva; e anche una ricerca di leggerezza, trasparenza e apertura spaziale. Le autrici sono giovani, e le contingenze della vita le hanno variamente portate attraverso le esperienze di ampi spostamenti internazionali. Tale evento non è soltanto geografico, ma esistenziale.
Appartiene alla storia dei rapporti umani in questo nuovo secolo, e investe l’interiorità del pensiero personale: tocca infatti il problema delle radici, del rapporto tra origine e ambiente di vita. Questi sono gli elementi in comune. Gli aspetti differenzianti sono non meno evidenti.
Sandra Schaffner von Rubenwil è nata negli USA nel 1965. Cinque anni più tardi è nel Ticino. Allo CSIA di Lugano ha seguito corsi di disegno tessile e grafica. Diploma nel 1987.
Successivamente ha trascorso un biennio di perfezionamento a Venezia, Università internazionale d’arte, seguendo i corsi di Restauro e conservazione e di Museologia. Inizia l’attività professionale nel 1997 nel campo della grafica e decorazione. Ha partecipato a seminari in varie discipline artistiche e in particolare nella calligrafia creativa (in questi stessi giorni è presente con quattro colleghi anche alla mostra di calligrafia creativa “Versi d’inchiostro” alla Biblioteca Salita dei Frati a Lugano). Ciò che ha inviato alla mostra di Biasca è arte polimaterica: carta, colore – ma ecco vetro, specchio, rosei fili di rame, ferro, vetro opaco, foglia d’oro. Soprattutto usa composizioni piane fermate tra due lastre di vetro sovrapposte l’una all’altra, senza cornice. Un montaggio di fotografie presenta ventiquattro ritratti tradizionali, di recupero, al cui centro sta un piccolo specchio, all’altezza del volto dell’osservatore: è quello l’ultimo ritratto, il più attuale fra gli umili illustri antenati; il signor se stesso, un po’ narcisista e un po’ colpevolizzato. La prevalenza di sostanze fredde, rigide e fragili non soltanto non preclude la strada a ideazioni di indole riflessiva, lirica, introversa, ma anzi interviene come singolare mezzo espressivo proprio in vista di questi effetti: sottigliezza, trasparenza, fine dosaggio di elementi di contrasto. Per esempio, il tenero rosa brillante di un disegno astratto realizzato con fili di rame, o lo scintillio lento di una doratura allargata sotto il vetro. Uno scudo di vetro sospeso sopra un gomitolo di nastro di ferro allude a qualche dialettica degli opposti: ma quali siano gli opposti, o chi, quali persone siano, non viene svelato. È affidato alla percezione soggettiva del singolo.

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